Le parole dei ragazzi/e..su mafie e corruzione
L’AMARO IN BOCCA DELL’ONESTA’
(scritto da una studentessa di 20 anni)
Le parole non contano. Ciò che realmente conta sono i fatti.
Leggere un articolo o un libro sulla mafia non sarà mai come vederlo con i propri occhi.
Una sera mi trovai a parlare con un signore, Giuseppe, e una signora, Lucia, parenti fra loro, e iniziarono a raccontare i vecchi tempi. A Lucia circa vent’anni fa la Mafia le uccise il cognato. Ma la storia che più mi colpì fu quella di Giuseppe, siciliano, adesso 65enne.
Una sera di circa 30 anni fa era uscito per andare a trovare un amico ricoverato in ospedale, arrivato nel corridoio vide degli uomini “un pò così” e ci mise poco a capire che erano in quel posto per far fuori l’amico suo. Così corse velocemente verso la stanza per avvisarlo di ciò che stava accadendo e per salvarlo lo convinse a buttarsi giù dalla finestra, salvandogli la vita.
Qualche anno prima perse il fratello di soli 28 anni. Era un ragazzo “alto 2 metri”, semplice e amico di tutti ma con la sola sfortuna di essere nato in un paese selvaggio. Lui non discriminava nessuno e non stava nè da una parte nè dall’altra perchè per lui era tutto normale, aveva una vita come quella di qualsiasi altra persona onesta, lavorava, amava divertirsi e amava la famiglia, non vedeva l ‘amico come un “delinquente” e, siccome era uno che si faceva i fatti suoi pensava che essere amico di persone che frequentavano gruppi diversi non comportasse nulla di male, aiutava sempre chi poteva, ma purtroppo non tutti sono amici.
Bisogna ricordare che era un ragazzo di famiglia nobile, e a quei tempi le macchine costose come le BMW (che una volta erano definite come le macchine lussuose) erano un lusso che solo pochi potevano permettersi; lui ne aveva una. E questo scatenò nei suoi amici l’invidia del suo benessere. Era il 1980, un sabato sera come era solito fare andò a ballare fuori paese, ma decise di rientrare a casa prima del suo orario abituale perchè il mattino seguente doveva andare a lavorare nei campi del padre. Così all’ora decisa uscì dalla discoteca e si avviò verso la macchina, in quel momento vide dei delinquenti che cercavano di rubargliela, lui non ebbe paura di affrontarli e da solo, senza ricevere aiuto da nessuno riuscì a disarmarli e a farli scappare e, come dice Giuseppe : << i' unchiò a coppa!>> – li riempì di botte. Poi prese la macchina e tornò a casa.
Era un ragazzo taciturno, non disse niente a casa e non fece nessuna denuncia perchè pensava fosse nulla di grave. Dopo un paio di giorni gli si presentò davanti un signore e iniziò a insultarlo dicendogli “Tu sei quello che si è permesso di alzare le mani a chi non dovevi. Ti pentirai di quello che hai fatto!”, ma anche questa volte non ne parlò con nessuno.
La sera che tentarono di rubargli la macchina, nella comitiva c ‘era un amico che organizzò “la rapina” appunto perchè era invidioso. Lo stesso che gli disse, pochi giorni dopo, di non preoccuparsi che lui aveva delle amicizie che l’avrebbero aiutato e che la domenica pomeriggio seguente sarebbero potuti andare da queste persone a sistemare la situazione.
Il giorno prima della domenica Giuseppe lo chiamò per chiedergli se sarebbe andato nei campi a dargli una mano con il lavoro (lavoravano insieme occupandosi dei campi di agrumi, e delle esportazioni in tutta Italia); ma lui fu irremovibile, disse che aveva un impegno a cui non poteva mancare. Giuseppe allora pensò che il fratello avesse un appuntamento con qualche ragazza quindi non insistette molto e lasciò stare, e poi come già detto essendo di famiglia sana non pensava mai e poi mai a cose negative. Quel sabato pomeriggio il suo amico come detto lo portò alla “tana dei lupi” dove, invece di sistemare lo cose lo ammazzarono con una pistola, lui si rese conto di ciò che gli stava capitando e per difendersi si aggrappò a uno dei presenti graffiandogli tutto il viso. Il suo ritrovamento fu dovuto a una chiamata anonima di un contadino che aveva visto tutto e che a seguire s’incontrò con Giuseppe raccontandogli ciò che aveva visto. Il corpo fu ritrovato ancora caldo. I carabinieri andarono a casa della madre dove tutti immaginarono un’incidente grave e mai una cosa del genere, Giuseppe fu subito chiamato per andare a riconoscere il corpo, i genitori erano troppo devastati per farlo. Da quel giorno in poi Giuseppe non si diede più pace per la morte del piccolo fratello. La legge lo interrogò per sapere, ma nessuno della famiglia aveva a che fare con quell’ambiente e si ritrovò spiazzato perchè neanche lui aveva qualche indizio da cui partire.
Il giorno dopo il ritrovamento, la notizia finì su tutti i giornali in prima pagina e vi assicuro che per una famiglia di una volta e sana è uno scandalo e un dolore immenso. Fu un duro colpo per tutta la famiglia: i nipoti a scuola venivano discriminati anche dai Professori che ripetevano sempre “Chi lo poteva dire!! Appartengono anche loro alla Mafia.”, i vicini di casa ogni volta si chiudevano dentro a chiave e smisero di salutare per paura, il padre non ebbe più le forze di andare a lavorare e la madre non fu più in grado di fare nulla, le sue giornate erano casa-cimitero ogni singolo giorno chiedendosi sempre il perchè. Si distrusse una famiglia. Giuseppe era il più astuto dei fratelli e l’unico che aveva un legame forte con il fratello minore. Nonostante il dolore che aveva dentro non si arrese, il giorno del funerale guardò tutte le persone che entrarono e tutti gli amici del fratello perchè era convinto che la verità si trovasse in mezzo a loro, si memorizzò tutte le facce e si mise per primo a ricevere le condoglianze in modo da vedere se ci fosse qualche volto nuovo. Intanto i carabinieri continuarono a chiamarlo per cercare di scoprire qualcosa ma lui era all’oscuro di tutto, diventava matto insieme a loro perchè non aveva alcun appiglio da cui cominciare. Dovette smettere di lavorare per il troppo dolore e allora, astuto com’era modificò il suo lavoro: al posto di fare consegne al di fuori dell’isola iniziò a farle all’interno così che avesse più tempo per stare nel paese. Non restando a spiegare nè come e nè il perchè, per scoprire la morte del fratello si fece amico un “Capo Mafia”. La sua fortuna fu quella di trovarsi nel posto giusto al momento giusto perchè un giorno salvò la vita a questo amico riuscendo a far saltare un agguato. Essendo uno dei più potenti del paese questo capo mafia riuscì a non metterlo in mezzo, << aveva u cori>> – aveva cuore, capiva le ragioni di Giuseppe e sapeva benissimo che lui con la Mafia non centrava niente. Nel frattempo a Giuseppe arrivarono delle lettere di minaccia in casa, con scritto: ” Se non ti fai i fatti tuoi, farai la fine di tuo fratello”, ma lui non aveva paura di niente doveva dare onore alla famiglia e al fratello ucciso. La madre gli ripeteva sempre : << Figghiu miu>> – Figlio mio – << Lascia perdere. Già ne ho perso uno di figlio, non voglio perderne un altro>>. Ma lui, testardo, voleva sapere i nomi di chi uccise suo fratello.
Il Capo Mafia faceva parte di una buona famiglia, inizialmente non era dentro la Mafia ma si sposò una ragazza, figlia di mafioso e di conseguenza ne entrò a farne parte. Non fece mai male a nessuno, non uccise mai nessuno, diventò potente perchè la sua era una Mafia “economica” che si basava su affari e droga, aveva una coscienza e disse a Giuseppe di essere un grande uomo perchè entrò nella Mafia ma nn ne fece mai parte, di possedere coraggio come il fratello, e gli chiese di fargli una promessa: Se avesse saputo la verità, avrebbe dovuto arrendersi, non sarebbe dovuto andare più oltre e gli consigliò di godersi la famiglia e i figli. Passarono 2 anni e in questo tempo il Capo Mafia aveva cominciato a fidarsi di Giuseppe e così divennero amici, non lo mise mai in mezzo a nessun affare e quando s’incontravano in paese e il Boss era in compagnia di altri Boss faceva finta di non conoscerlo e non lo salutava per non creargli problemi. Avendo tutta questa fiducia un giorno gli disse i nomi di chi uccise il fratello, come lo uccisero e il perchè lo uccisero e gli disse anche << Io prima o poi sarò destinato a non crescere i miei figli, ma tu sano sei e sano devi rimanere>>. Quando Giuseppe scoprì che suo fratello fu ucciso per una maledetta auto e che in mezzo ci fu lo zampino dell’ “amico”si rose ancora di più l’anima perchè non potè fare più nulla: la metà dei colpevoli era scomparsa, alcuni morti e altri non si sapeva che fine avessero fatto e poi la gente continuava a discriminare. Aveva e ha tutt’ora una famiglia, una moglie e due figli, che, divenuti maggiorenni conobbero il Capo Mafia perchè un pomeriggio andò in casa loro a fargli visita con la propria moglie e lui stesso si ritrovò a parlare con la moglie di Giuseppe dicendole:
<< Signora, voi che avete la possibilità di andare al Nord, perchè non date fortuna ai vostri figli? In questa terra bruciata non si fa niente. >> Questa donna con mezza parola detta capì che suo marito non si sarebbe rassegnato e avrebbe rischiato davvero tanto, allora tutta la famiglia decise di trasferirsi al Nord. Forse facendo così hanno salvato la vita a Giuseppe. Tutt’ora a questa famiglia resta un vuoto dentro incolmabile , è un dolore che non passa.
-Alla fine si venne a sapere che “la mafia” aveva intenzione di rubare la macchina per poi chiedere il riscatto, soldi in cambio della macchina.
“LA MAFIA DISTURBA ANCHE LA GENTE ONESTA, SI DEVE APPROPRIARE DI CIO’ CHE NON LE APPARTIENE.”
“LA MAFIA NON FA DEL BENE, E’ UNA COSA CATTIVA. HA FATTO PIANGERE MADRI, PADRI, FRATELLI, HA ROVINATO DELLE VITE E HA DISTRUTTO DELLE FAMIGLIE CON LA SUA PREPOTENZA!
- Per riservatezza i nomi sono stati inventati.
Scritto da una Studentessa di 20 anni dell’ Istituto Tecnico Commerciale G. Compagnoni (Lugo, RA)
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