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Stragi in Italia

dal 1947 al 1993, da Portella della Ginestra (PA) a Via Palestro (MI)...e altre ancora

 

 
DIDASCALIE DELLE STRAGI
 
 
1 maggio 1947 – Strage di Portella della Ginestra (PA)
 
Portella della Ginestra è nota per essere stata teatro della prima strage dell’Italia repubblicana.
 
Circa duemila lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, in prevalenza contadini, si riunirono nella vallata di Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, a favore dell’occupazione delle terre incolte, e per festeggiare la vittoria del “Blocco del Popolo” nelle recenti elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell’anno.
Sulla gente in festa partirono dalle colline circostanti numerose raffiche di mitra che lasciarono sul terreno, secondo le fonti ufficiali, 11 morti (9 adulti e 2 bambini) e 27 feriti, di cui alcuni morirono in seguito per le ferite riportate. La CGIL proclamò lo sciopero generale, accusando i latifondisti siciliani di voler “soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori”. Solo quattro mesi dopo si seppe che a sparare materialmente erano stati gli uomini del bandito separatista Salvatore Giuliano, colonnello dell’E.V.I.S.. Il rapporto dei carabinieri sulla strage faceva chiaramente riferimento ad “elementi reazionari in combutta con i mafiosi”. Nel 1949 Giuliano scrisse una lettera ai giornali, in cui affermava lo scopo politico della strage.
 
 
9 maggio 1950 – Strage delle Fonderie Riunite (MO)
 
Si tratta di un eccidio avvenuto nel quartiere industriale di Modena dove sei operai persero la vita sotto il fuoco della polizia durante lo sciopero generale proclamato dalla Camera confederale del lavoro nel 1950 contro i licenziamenti decisi dalla direzione aziendale.
I sei operai erano Angelo Appiani, Renzo Bersani, Arturo Chiappelli, Ennio Garagnani, Arturo Malagoli e Roberto Rovatti, mentre altre 200 persone rimasero ferite.
 
 
7 luglio 1960 – Strage di Reggio Emilia
 
Il fatto avvenne nel corso di una manifestazione sindacale durante la quale cinque operai reggiani, i cosiddetti morti di Reggio Emilia, Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli, tutti iscritti al PCI, furono uccisi dalle forze dell’ordine.
I fatti scatenanti furono la formazione del governo Tambroni, monocolore democristiano, con il determinante appoggio esterno del MSI, e l’avallo della scelta di Genova (città “partigiana”, già medaglia d’oro della Resistenza) come sede del congresso del partito missino. Le reazioni d’indignazione furono molteplici e la tensione in tutto il paese provocò una grande mobilitazione popolare.
L’allora Presidente del Consiglio, Fernando Tambroni, diede libertà di aprire il fuoco in “situazioni di emergenza” ed alla fine di quelle settimane drammatiche si contarono undici morti e centinaia di feriti. Queste drammatiche conseguenze avrebbero costretto alle dimissioni lo stesso governo Tambroni.
 
 
30 giugno 1963 – Strage di Ciaculli (PA)
 
La Strage di Ciaculli è stato un attentato mafioso, in cui hanno perso la vita sette uomini delle forze dell’ordine. La strage di Ciaciulli-Villa Serena fu una delle più sanguinose stragi ad opera della mafia durante gli anni sessanta che concluse la prima guerra di mafia della Sicilia del dopoguerra.
Ebbe luogo nella borgata agricola di Ciaculli a Palermo il 30 giugno 1963: un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di esplosivi uccise il tenente dei carabinieri Mario Malausa, i marescialli Silvio Corrao e Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il maresciallo dell’esercito Pasquale Nuccio, il soldato Giorgio Ciacci.
 
 
2 dicembre 1969 – Strage di Piazza Fontana (MI)
 
Tra il 1968 e il 1974 in Italia furono compiuti 140 attentati, tra i quali quello di piazza Fontana fu uno dei più sanguinosi. Quel 12 dicembre una bomba scoppiò nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano, uccidendo 17 persone (14 sul colpo) e ferendone altre 88. Una seconda bomba venne rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala. Una terza bomba esplose a Roma alle 16:55 dello stesso giorno nel passaggio sotterraneo che collega l’entrata di via Veneto della Banca Nazionale del Lavoro con quella di via di San Basilio, ferendo altre 13 persone. Altre due bombe esplosero poi a Roma tra le 17:20 e le 17:30, una davanti all’Altare della Patria e l’altra all’ingresso del Museo centrale del Risorgimento, in Piazza Venezia, ferendo 4 persone. Si contano dunque, in quel tragico 12 dicembre, cinque attentati terroristici, concentrati in un lasso di tempo di appena 53 minuti, che colpiscono contemporaneamente le due maggiori città d’Italia: Roma e Milano.
La vicenda è tuttora oggetto di controverse interpretazioni; secondo una, le responsabilità di questi attacchi possono essere ricondotte a gruppi eversivi di estrema destra che, con la copertura/complicità di pezzi dei servizi segreti italiani, miravano a un inasprimento delle politiche repressive ed autoritarie tramite l’instaurazione di un clima di tensione nel paese.
 
 
22 luglio 1970 – Strage di Gioia Tauro (RC)
 
Con questa denominazione si intende comunemente la conseguenza del procurato deragliamento al treno direttissimo Palermo-Torino (detto Treno del Sole) avvenuto a poche centinaia di metri dalla stazione di Gioia Tauro.
A causare la morte di 6 persone e il ferimento di altre 66 pare furono (non pienamente riscontrato) elementi della ‘ndrangheta e dell’eversione nera nell’ambito della “rivolta di Reggio Calabria” (scioperi e sommosse cittadine causa la nomina di Catanzaro a capoluogo di regione). La rivolta era coordinata da un “comitato d’azione” che raccoglieva esponenti del Movimento Sociale Italiano e di altri partiti.
 
 
31 maggio 1972 – Strage di Peteano di Sagrado (GO)
 
Si trattò di un atto terroristico ad opera del reo confesso Vincenzo Vinciguerra e da Carlo Cicuttini, neofascisti aderenti all’organizzazione di estrema destra “Ordine Nuovo”. La strage provocò la morte di tre uomini dell’Arma dei Carabinieri: il brigadiere Antonio Ferraro di 31 anni e i carabinieri Donato Poveromo e Franco Dongiovanni di 33 e 23 anni. Rimasero gravemente feriti il tenente Angelo Tagliari e il brigadiere Giuseppe Zazzaro.
 
 
17 maggio 1973 – Strage alla questura di Milano
 
L’attentato fu opera di Gianfranco Bertoli, in conseguenza del quale 52 persone rimasero ferite e 4 persero la vita. Alle 11 del mattino di quel giorno, in via Fatebenefratelli, davanti alla Questura di Milano, mentre si svolgeva la cerimonia in memoria del commissario Luigi Calabresi ucciso un anno prima, un grosso ordigno esplode in mezzo alla folla di persone ancora riunite per la celebrazione.
L’attentatore venne immediatamente immobilizzato ed arrestato; si trattava di Gianfranco Bertoli, autodefinitosi un anarchico “stirneriano”. Dichiarò più volte che il vero scopo del suo attentato era l’eliminazione del Ministro Rumor, la cui uccisione avrebbe vendicato gli anarchici perseguitati. Secondo le indagini del PM Guido Salvini, confermate dalle testimonianze di Vincenzo Vinciguerra, l’obiettivo sarebbe stato proprio Mariano Rumor, colpevole di non aver proclamato lo stato d’assedio quando era presidente del consiglio il 12 dicembre 1969 in occasione della Strage di piazza Fontana.
Tuttavia, anche per questa strage, sembrò poi profilarsi l’ombra dei servizi segreti: nel 2002 il generale Nicolò Pollari (ex-direttore del Sismi), sentito dai giudici della terza Corte d’Assise d’Appello di Milano confermò infatti che Bertoli fu un informatore del Sifar prima, e del SID in seguito. Il generale confermò anche che Bertoli ebbe rapporti con i servizi segreti negli anni cinquanta fino al 1960.
 
 
17 dicembre 1973 – Strage di Fiumicino (RM)
 
Un commando terrorista palestinese, presso l’aeroporto Roma-Fiumicino, si diresse verso un aereo della Pan Am gettandovi all’interno due bombe al fosforo uccidendo 30 passeggeri. Tra questi quattro italiani: Raffaele Narciso, Giuliano De Angelis, la moglie Emma Zanghi la loro figlioletta Monica De Angelis. Uccisero inoltre il militare della Guardia di Finanza Antonio Zara che aveva tentato di opporre resistenza. I feriti furono oltre 15.
 
 
28 maggio 1974 – Strage di Piazza della Loggia (BR)
 
Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista, provocando la morte di 8 persone e il ferimento di altre 102. La prima istruttoria della magistratura portò alla condanna nel 1979 di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana. Uno di essi, Ermanno Buzzi, in carcere in attesa d’appello, fu strangolato il 13 aprile 1981 da Pierluigi Concutelli e Mario Tuti. Nel giudizio di secondo grado, nel 1982, la condanne del giudizio di primo grado vennero commutate in assoluzioni, le quali a loro volta vennero confermate nel 1985 dalla Corte di Cassazione. Un secondo filone di indagine, sorto nel 1984 a seguito delle rivelazioni di alcuni pentiti, mise sotto accusa altri rappresentanti della destra eversiva e si protrasse fino alla fine degli anni ’80; gli imputati furono assolti in primo grado nel 1987, per insufficienza di prove, e prosciolti in appello nel 1989 con formula piena. La Cassazione, qualche mese dopo, confermerà l’esito processuale di secondo grado. Il 15 maggio 2008 sono stati rinviati a giudizio i sei imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi. I primi tre erano all’epoca militanti di spicco di Ordine Nuovo, gruppo neofascista fondato nel 1956 da Pino Rauti e più volte oggetto di indagini, pur senza successive risultanze processuali, in merito all’organizzazione ed al compimento di attentati e stragi. Il 16 novembre 2010 la Corte D’Assise ha emesso la sentenza di primo grado della terza istruttoria, assolvendo tutti gli imputati. Infine, il 14 aprile 2012, la Corte d’Appello confermò l’assoluzione per tutti gli imputati, condannando le parti civili al rimborso delle spese processuali. Nel corso dei vari procedimenti giudiziari relativi alla strage si è costantemente fatta largo l’ipotesi del coinvolgimento di rami dei servizi segreti e di apparati dello Stato nella vicenda.
 
 
4 agosto 1974 – Strage dell’Italicus (BO)
 
Si tratta di un attentato terroristico compiuto nella notte del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.
Una bomba ad alto potenziale esplose alle 1:23 nella vettura 5 dell’espresso Roma-Monaco di Baviera via Brennero. Nell’attentato morirono 12 persone e altre 48 rimasero ferite.
La strage avrebbe avuto conseguenze più gravi (si ipotizza anche nell’ordine di centinaia di morti) se l’ordigno fosse esploso all’interno della Grande Galleria dell’Appennino nei pressi di San Benedetto Val di Sambro, come avvenuto dieci anni dopo nella Strage del Rapido 904.
L’attentato venne rivendicato dall’organizzazione “Ordine Nero”. Il conseguente processo si concluse con l’assoluzione generale di tutti gli imputati sebbene, stante l’impossibilità di determinare concretamente mandanti ed esecutori materiali, la sentenza di assoluzione attestò comunque la correttezza dell’attribuzione della responsabilità della strage a Ordine Nero e alla P2, definendo come pienamente comprovata una notevole serie di circostanze del tutto significative e univoche in tal senso.
 
 
7 gennaio 1978 – Strage di Acca Larentia (RM)
 
Furono uccisi tre giovani attivisti del Fronte della Gioventù. Due di loro erano appena usciti dalla sede del Movimento Sociale Italiano (MSI) di via Acca Larenzia, nel popolare quartiere Tuscolano, impegnati a pubblicizzare tramite volantinaggio un concerto del gruppo di musica alternativa di destra Amici del Vento. Il terzo venne ucciso qualche ora dopo, durante gli scontri scoppiati con le forze dell’ordine in seguito ad una spontanea manifestazione di protesta, organizzata davanti alla stessa sede dai militanti missini.
 
 
16 marzo 1978 – Strage di Via Fani (RM)
 
Il giorno in cui il Governo Andreotti si recava in Parlamento per la fiducia, l’auto che trasportava l’onorevole Aldo Moro, presidente della DC (Democrazia Cristiana), fu intercettata in via Fani dalle Brigate Rosse. Furono uccisi due carabinieri, Domenico Ricci e Oreste Leonardi, e tre poliziotti, Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.
 
 
27 giugno 1980 – Strage di Ustica
 
Il Dc 9 della compagnia Itavia, in partenza da Bologna e diretto a Palermo, si squarciò in volo all’improvviso scomparendo in mare presso le isole tirreniche di Ustica e Ponza. Nell’evento persero la vita tutti gli 81 occupanti dell’aereo.
Le tesi dibattute negli anni si sono suddivise principalmente fra varie ipotesi: quella di un coinvolgimento aereo internazionale (in particolare francese, libico e statunitense); quella di un cedimento strutturale dell’aereo stesso; e quella di un attentato terroristico attraverso una bomba a bordo.
Il 28 gennaio 2013, tuttavia, la Corte di Cassazione smentì la tesi dell’attentato (sostenuta con forza dall’Aeronautica militare) accreditando invece quella che vedeva l’aereo abbattuto da un missile, e condannando di conseguenza lo Stato italiano a risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli.
 
 
2 agosto 1980 – Strage alla stazione di Bologna
 
Definito il più grave attentato in Italia del secondo dopoguerra, la strage contò 85 morti e 200 feriti. Per questo vennero condannati all’ergastolo, quali esecutori materiali, i neofascisti dei NAR (Nuclei Armati RIvoluzionari) Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Condannati invece per depistaggio delle indagini il Gran Maestro della Loggia Massonica P2 Licio Gelli, l’ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del SISMI (servizio segreto militare) Gen. Pietro Musumeci e coll. Giuseppe Belmonte (tutti appartenenti alla P2).
Fondamentale il ruolo dell’ “Associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto 1980″, che ebbe un ruolo decisivo nell’ottenimento di una giustizia, sebbene parziale. Le attività dell’Associazione mirano tuttora ad arrivare ai nomi dei mandanti e degli ispiratori politici.
 
 
29 luglio 1983 – Strage di Via Pipitone (PA)
 
“Palermo come Beirut”, titolarono i giornali. Una Fiat 127 imbottita di esplosivo fu fatta esplodere davanti all’abitazione dell’ideatore del pool antimafia, Rocco Chinnici, uccidendo quest’ultimo insieme al maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta (componenti della scorta del magistrato) e il portiere dello stabile di via Pipitone, Federico Stefano Li Sacchi. Ad azionare il detonatore dell’autobomba che provocò l’esplosione fu il killer di Cosa Nostra Antonino Madonia.
 
 
26 agosto 1984 – Strage di Torre Annunziata (NA)
 
La strage di Torre Annunziata o “strage del circolo dei pescatori” o anche “strage di Sant’Alessandro” fu un tragico fatto di sangue nell’ambito delle faide camorristiche dell’epoca fra i clan Gionta/Nuvoletta e quelli Alfieri/Bardellino per la spartizione del territorio. Il 18 agosto 1984 nei pressi di Scalea venne rubato un autobus, usato poi pochi giorni dopo, per compiere la strage. Verso mezzogiorno l’autobus giunse infatti davanti il circolo dei pescatori di Torre Annunziata, dove spesso si riunivano gli uomini legati al clan Gionta. Dal mezzo scese un commando di 14 killer professionisti che aprì il fuoco uccidendo 8 persone e ferendone altre 7. Alcune delle vittime non erano legate alla camorra e il boss Valentino Gionta, obiettivo principale della spedizione, riuscì a sfuggire.
 
 
23 dicembre 1984 – Strage del Rapido 904 (BO)
 
La strage del Rapido 904 o “strage di Natale” è il nome attribuito ad un attentato dinamitardo avvenuto presso la Grande Galleria dell’Appennino, ai danni del treno Rapido n. 904 proveniente da Napoli e diretto a Milano.
L’attentato è avvenuto nei pressi del punto in cui poco più di dieci anni prima era avvenuta la strage dell’Italicus. Al contrario di quest’ultimo, per il Rapido 904 gli attentatori attesero che il veicolo penetrasse nel tunnel, per massimizzare l’effetto della detonazione: l’esplosione causò 15 morti e 267 feriti.
In seguito, i morti sarebbero saliti a 17 per le conseguenze dei traumi.
Per le modalità organizzative ed esecutive, e per i personaggi coinvolti (destra eversiva e mafia) è stato indicato dalla Commissione Stragi come l’inizio dell’epoca della guerra di mafia dei primi anni ’90: la 5ª sezione penale della Cassazione il 24 novembre 1992 confermò la sentenza d’Appello che riconosceva la “matrice terroristico-mafiosa” dell’attentato. Il 27 aprile 2011 la Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del boss mafioso Totò Riina per la strage, precisando che Riina veniva considerato il mandante della strage.
 
 
27 dicembre 1985 – II strage di Fiumicino (RM)
 
Si trattò di un duplice attentato terroristico ad opera di un gruppo palestinese che contemporaneamente assaltò l’aeroporto di Roma-Fiumicino e quello di Vienna, uccidendo un totale di 16 persone. I feriti furono oltre 100, mentre quattro furono i terroristi uccisi.
I due attacchi ebbero luogo con una differenza di pochi minuti l’uno dall’altro.
 
 
4 gennaio 1991 – Strage del Pilastro (BO)
 
Un auto dei Carabinieri in pattuglia, con a bordo i carabinieri Andrea Moneta, Mauro Mitilini, Otello Stefanini sorpassa una Fiat Uno bianca con a bordo alcuni uomini. La Fiat, a insaputa dei tre carabinieri, è appena stata rubata. I tre uomini sospettano di essere fermati a breve dalla pattuglia e si affiancano e sparano con mitragliette sui tre carabinieri.
E’ l’ultima strage dei fratelli Savi, passati alla storia come la Banda della Uno Bianca, responsabile di 27 omicidi. Verranno scoperti solo anni dopo e confesseranno la strage del Pilastro.
 
 
23 maggio 1992 – Strage di Capaci (PA)
 
500 kg di tritolo furono impiegati per far saltare in aria un pezzo dell’autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci, a pochi chilometri da Palermo. In questa strage persero la vita il giudice antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Per la strage sono stati riconosciuti colpevoli (nel maggio del 2002) 24 imputati. Tuttavia dopo l’annullamento della Cassazione, e un nuovo processo nel 2008, la prima sezione penale della Cassazione ha condannato 12 persone quali mandanti dell’attentato: Salvatore Montalto, Giuseppe Farinella, Salvatore Buscemi, Giuseppe Madonia, Carlo Greco, Pietro Aglieri, Benedetto Santapaola, Mariano Agate.
 
 
19 luglio 1992 – Strage di Via D’Amelio (PA)
 
L’attentato segue di nenache due mesi la strage di Capaci, in cui perse la vita Giovanni Falcone, amico e collega di Paolo Borsellino, segnando uno dei momenti più tragici nella lotta alla mafia. L’esplosione, avvenuta in via Mariano D’Amelio, dove viveva la madre di Borsellino (e dalla quale il giudice quella domenica si era recato in visita) avvenne per mezzo di una Fiat 126 contenente circa 100 chilogrammi di tritolo.
Oltre al giudice antimafia, morirono il caposcorta Agostino Catalano e gli agenti Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l’esplosione, in gravi condizioni. Dopo diversi procedimenti giudiziari, nel 2008 il mafioso Gaspare Spatuzza iniziò a collaborare con la giustizia: egli ricostruì le dinamiche della strage di via D’Amelio facendo emergere il ruolo fondamentale avuto dalla cosca mafiosa di Brancaccio nell’esecuzione dell’attentato e smentendo di fatto il pentito Vincenzo Scarantino che si era auto-accusato di aver rubato la Fiat 126 per l’attentato. Su questo “depistaggio” pesano tuttora le presunte responsabilità di alcuni esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti che portarono avanti le indagini.
 
 
26/27 maggio 1993 – Strage di Via dei Georgofili (FI)
 
Nell’occasione venne fatta esplodere una Fiat Fiorino imbottita di esplosivo nei pressi della storica torre dei Pulci, tra gli Uffizi e l’Arno, sede dell’Accademia dei Georgofili.
Nell’immane esplosione persero la vita 5 persone: Caterina Nencioni (50 giorni di vita), Nadia Nencioni (9 anni), Dario Capolicchio (22 anni), Angela Fiume (36 anni), Fabrizio Nencioni (39 anni). Altre 48 persone rimasero ferite.
Oltre alla torre vennero distrutte moltissime abitazioni e perfino la Galleria degli Uffizi subì gravi danneggiamenti.
La strage viene inquadrata nell’ambito della feroce risposta del clan mafioso dei Corleonesi di Totò Riina all’applicazione dell’articolo 41 bis che prevede il carcere duro e l’isolamento per i detenuti mafiosi. Tuttavia da più parti si pensa che l’attacco al “patrimonio artistico” italiano rappresenti un segnale che indica la partecipazione di “menti raffinatissime” all’operazione che vanno oltre la stessa Cosa Nostra.
 
 
27 luglio 1993 – Strage di Via Palestro (MI)

Questo attentato viene attribuito a Cosa Nostra: un’autobomba viene fatta esplodere nei pressi del Padiglione di Arte Contemporanea sito in via Palestro a Milano. I morti furono cinque: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l’agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e Moussafir Driss, un immigrato marocchino che dormiva su una panchina. Il Padiglione di arte contemporanea subì molti danni. Questo attentato viene considerato un episodio delle cosiddette “stragi del 1993″, che già avevano colpito Roma e Firenze (vedi strage di Via dei Georgofili).
 
 
18 marzo 1994 – Strage di Pegli (GE)
 
Il 1 febbraio 2013 è stato catturato a Catanzaro Domenico Leotta, il boss di Rosarno considerato il killer delle tre donne uccise a Pegli, in provincia provincia di Genova quasi 20 anni prima.
 
 
18 gennaio 2008 – Strage di San Gennaro (CE)
 
Strage di Castelvolturno e Strage di San Gennaro sono le definizioni attribuite dai mass media italiani ad una strage di camorra causata da un gruppo scissionista del clan dei Casalesi facente riferimento a Giuseppe Setola, che ha portato alla morte di Antonio Celiento (gestore di una sala giochi, sospettato di essere un informatore delle forze dell’ordine) e di sei immigrati africani, vittime innocenti della strage: Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana, El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia.
Dagli accertamenti effettuati dagli inquirenti, successivamente la strage, è emerso che nessuno degli immigrati (tutti giovanissimi, il più “anziano” aveva poco più di trent’anni) era coinvolto in attività di tipo criminale e che nessuno di loro era legato alla camorra locale né alla cosiddetta “mafia nigeriana”, la quale, poco lontano da lì, all’ex hotel Zagarella, gestisce la piazza dello spaccio e il giro di prostituzione di ragazze africane per conto della potente camorra locale.

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